Angelo  Lorenzon
pittore, scultore, incisore  1927 - 1978

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Biografia

Angelo nacque a Sernaglia della Battagli (TV) il 14 marzo 1927 da Giovanni Lorenzon e da Vittoria Barel. Quand’era ancora bambino, la famiglia si trasferì a Refrontolo (TV) dove si stabilì definitivamente. Nella sua infanzia fu privato per diversi anni della figura del padre, che emigrò in Francia, come tanti della sua generazione, in quel periodo. La madre dovette da sola badare ai quattro figli. La famiglia era composta, oltre che dai genitori, da due maschi (Angelo e Guido) e da due femmine (Maria e Stella): erano tutti molto affiatati e davano il loro contributo in casa.

Fin dall’adolescenza Angelo si distinse per la sua grande inventiva ed intraprendenza, anche se manifestava un carattere schivo e mite. I suoi coetanei ricordano come riusciva a fabbricare interessanti giocattoli: persino una bicicletta in legno. La manualità era un dono che lo caratterizzava, ma anche la riflessione e la sensibilità verso il mondo che lo circondava. Da giovinetto si poteva vedere al lavoro nei campi alle dipendenze di qualche vicino contadino, riscuotendo un misero salario, che però era di sollievo alla madre ed al resto della famiglia.

Impossibilitato a continuare gli studi dopo la quinta elementare, non si arrese, ma cercò di apprendere ancora attraverso dei corsi per corrispondenza. La sorella Maria vide nel fratello Angelo una predisposizione per l’arte, per cui lo incoraggiò, assieme ad altri coetanei, tra cui Andrea Zanzotto, ad approfondire il disegno e la pittura dal professore e pittore Sandro Nardi di Follina. Questi lo accolse come allievo e lo seguì per sette anni insegnandogli le basi della disciplina artistica. In quel periodo si sviluppò il suo dono artistico, coinvolgendolo in uno stile di vita pervaso dalla mitezza che lo avrebbe accompagnato per il resto della sua vita.

I primi frutti della sua arte furono notati nel periodo del servizio militare svoltosi a Cividale del Friuli come alpino. Angelo si distinse per la capacità disegnativa nel ricreare scene caratteristiche della vita d’alpino; per questo fu subito segnalato ai superiori e dirottato a dipingere per la caserma anziché uscire a marciare. Al suo ritorno s’impegnò con dedizione alla pittura, e con i pochi mezzi a disposizione incominciò a realizzare le prime mostre collettive e personali.

Si unì in matrimonio nel ’59 con Augusta Spina, dalla quale ebbe due figli (Giovanni Gianni e Genni). La moglie Augusta fu per lui un aiuto non indifferente; con lei condivise la sua scelta di vita, costantemente ripiena d’incognite e privazioni: una vita da pittore!

Gli anni ’60 sono stati molto travagliati e sofferti. Oltre alla pittura e scultura, si era impegnato, assieme all’amico E. De Boni, a realizzare un particolare sistema per la visione tridimensionale dell’immagine in movimento. Dopo sette anni di duro lavoro, arrivati a buon punto, per svariati motivi decisero di abbandonare la ricerca.

Verso la metà degli anni ’60 la sua arte cominciò a cambiare testimoniando i difficili travagli interiori di quel periodo. Dopo la parentesi sperimentale col "cinerilievo", nel ’69 la sua attività artistica venne recuperata e definitivamente mantenuta, senza altre distrazioni, fino alla fine.

Iniziò così a godere il frutto della sua arte. Ricordiamo "La Pietà" del ’69, punto cruciale per la sua vita artistica; da quell’opera ci fu un crescendo fino al ’75 e soprattutto un periodo molto creativo e sereno. Si perfezionò nella pittura e scultura inaugurando il terzo periodo artistico della sua vita, lo possiamo notare dai diversi riconoscimenti ottenuti tra il 1970 e ’72, oltre alle sempre più numerose presenze a concorsi, collettive e personali.

All’inizio del ’70 la sua arte si sviluppò includendo, oltre alla pittura e scultura, una nuova tecnica artistica: l’acquaforte (l’incisione di soggetti su lastre di zinco, poi stampate da lui personalmente al torchio). Iniziò da zero,

ma in poco tempo riuscì a realizzare lavori di una certa bravura, manifestando una padronanza anche in questa nuova tecnica. Nella scultura ebbe il suo apice nell’anno 1973, con la realizzazione d’opere sempre più grandi e perfezionate, raggiungendo con la sua ultima grande scultura "Attesa" il culmine della sua maturazione scultorea. Il quegli operosi anni riuscì ad esprimere molto, sia della sua terra, delle tradizioni rurali, ma anche della triste infanzia e del suo presente. Questo trovò il favore sia della gente comune, sia della critica qualificata.

Gli anni ’75 -’78 hanno rivelato un crescendo di apprezzamenti e riconoscimenti sia in Italia che all’estero, dandogli molte soddisfazioni. Bisogna inoltre ricordare che Angelo, pur essendo di carattere chiuso, continuò fino alla fine dei suoi giorni a coltivare amicizie sempre più numerose, perché anche se di poche parole era gioviale e con la sua sensibile personalità artistica non era difficile stargli vicino o diventargli amico.

Nell’ultimo anno di vita soffrì di forti dolori al petto, tanto che dopo molte insistenze da parte dei familiari decise di avere un consulto medico, il quale non gli diagnosticò nulla di preoccupante, anche se i dolori continuavano. Da lì a qualche settimana, un sabato mattina (il 10 giugno 1978), mentre stava lavorando sotto gli alberi di casa, un improvviso malore lo colse e quasi senza accorgersene nel giro di pochi minuti morì, lì nella sua amata terra, sotto le familiari fronde, dove da ragazzo giocava.

Lo stupore per una morte così improvvisa e particolare ha toccato gli animi di molti. Rimane però, per i molti che lo conoscevano, l’autore di un’arte che ci ricorda ancora oggi i valori, le emozioni, l’espressione della natura e di sentimenti cari.

Oggi infatti quelle opere sembrano veicolarci un passato ormai lontano (ricordato solo da persone di una certa età) ma che trasmettono in maniera schietta la breve esperienza vissuta da un vero artista.

Giovanni G. Lorenzon

Angelo nel verde delle colline trevigiane

Retrospettiva 2000

Angelo mentre scolpisce "La famiglia"

       Angelo Lorenzon        
Ultimo aggiornamento  30/03/09

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