Angelo  Lorenzon
pittore, scultore, incisore  1927 - 1978

mail


Andrea Zanzotto

ricorda l’amico

Angelo Lorenzon ha lasciato un ricordo vivissimo ed un rimpianto profondo in seguito alla sua scomparsa così inopinata e immatura, perché, in primo luogo egli era un uomo buono, generoso, autentico in ogni sua espressione, perché era "nella verità". E ciò sia detto senza alcun significato restrittivo per la validità artistica dell’opera sua, nella quale appunto poterono manifestarsi la sua ricca umanità, la sua libertà interiore, la sua noncuranza per tutto ciò che non abbia rapporto con la purezza della fantasia artistica, anche nel suo permeare la vita quotidiana.

Angelo visse veramente nell’arte e per l’arte, ma senza alcun’enfasi "vocazionale", bensì riconnettendo il suo operare ad una costante pratica dell’artigianato, pratica che nel suo caso fu necessaria e dimessa, eppur sempre nobilmente attuata anche nella routine del lavoro su commissione. Egli aveva piena coscienza del fatto che senza una modestia di fondo non è possibile avvicinarsi all’arte, né può esistere una produttiva esperienza di perfezionamento.

Ma se egli dava per scontato anche un certo margine di scacco e di errore, ed era in ansia rispetto ai traguardi che si prefiggeva, conservava pur sempre inalterata la serenità di chi "deve" comunque operare, e che persino nell’occasione più spicciola, apparentemente meno significativa, trova modo di capire certe realtà, di migliorare i propri mezzi, di liberare impulsi fantastici. Per questo i suoi lavori in legno, che sono i più sofferti e complessi, vanno dal bassorilievo "ornamentale" di ridotte dimensioni (ma in molti casi limpido e persuasivo) fino ai grandi gruppi scultorei senza che si noti vera discontinuità. L’artigiano che si concede piccole gioie inventive, che quasi giocherella con la sgorbia, non si contrappone affatto all’artista che costruisce e rivela volumi e forme, corpi e atteggiamenti, richiamandoli dai legni, dalla vegetalità in cui sono spesso visibilmente accennati. E Angelo, in questa cultura che ha nel Veneto così affascinanti tradizioni, seppe individuare un suo itinerario variato ed originale raggiungendo risultati assai ragguardevoli per dignità e profondità d’indagine.

In questi suoi lavori una spinta, un’accentuazione quasi espressionistica, spesso convergente con una ieraticità da "primitivo", si intreccia a un robusto sentimento della realtà: e il tutto sembra poi sciogliersi come per un innato gusto del ritmo, in uno spazio che diventa esistente proprio nel lasciarsi ritmare dalla figura.

Anche nell’opera pittorica, che Angelo perseguì con esemplare diligenza, spesso si notano belle riuscite, in un ambito che non ignora certe tradizioni figurative del ‘900, e che trova la sua più rilevante connotazione in un conflitto, in un travaglio per cui il colore talvolta appare come tessuto lievemente di luci blande, talvolta si fa aggressivo, marcato anch’esso da una tensione espressionistica. Veneto di campagna nel modo più biologicamente fiducioso, Angelo ha trovato spontaneamente il suo territorio artistico nei paraggi dei suoi maestri e contemporanei, Augusto Murer per la scultura lignea e Sandro Nardi per la pittura, ma è soprattutto da quel nimbo di creature della terra - la gente dei campi, le figure della vegetazione, il mondo animale - in mezzo alle quali egli rimase sempre, quasi senza volersene distinguere, che egli trasse la sua energia operatrice, nutrita da un tenace, semplice ottimismo, e insieme da una inquieta malinconia.

Non si può non pensare Angelo ancora al lavoro, nel suo rustico laboratorio all’imbocco della valle del Molinetto, gentile e consapevole guardiano di un regno collinare di bellezze estreme, terribili pur nella loro dolcezza, umile custode di un’alta idea dell’arte che, se oggi appare come in penombra, non potrà mai cessare di dar luce.

 

Andrea Zanzotto
Pieve di Soligo, aprile 1981

 

       Angelo Lorenzon        
Ultimo aggiornamento  30/03/09

Realizzazione Giovanni Lorenzon
      
1998 - 2009  Diritti riservati